Tetto al debito USA: spavento sventato per i mercati

Non è l’inflazione e neanche il rialzo dei tassi d’interesse il tema su cui vogliamo soffermarci oggi. Strano vero? Sì, perché nelle ultime settimane a tenere banco sui mercati è stato il debito statunitense. Un debito che in vista della scadenza di giugno aveva raggiunto il suo limite prestabilito e che doveva essere rinegoziato. Missione non facile, in un clima politico totalmente diviso fra Congresso e Casa Bianca. Solitamente la rinegoziazione del tetto sul debito è una pratica di routine, ma quando sei un presidente Dem e hai un Congresso diviso con una Camera a maggioranza Repubblicana, le cose non sono proprio così "easy".
Tanto che fino a una manciata di giorni fa il default del governo statunitense sul debito è parso una possibilità concreta. Il Congresso USA non riusciva a decidere su quanto il governo americano potesse prendere in prestito e la mancanza di progressi aveva cominciato a preoccupare gli investitori a ridosso della temuta scadenza di giugno.
Ma tutto è bene quel che finisce bene: dopo settimane di discussioni, l’accordo è stato trovato. Gli Stati Uniti alzeranno il tetto del debito di 31,4 trilioni di dollari, evitando in extremis la minaccia di default e consentendo a Washington di onorare i suoi pagamenti fino all'inizio del 2025.

Perchè si è parlato addirittura di default negli states?

Come abbiamo visto, il "tetto del debito" non è altro che un limite massimo alla quantità di denaro che il governo americano può prendere in prestito per pagare i suoi debiti. Quando questa quantità si avvicina al limite prestabilito, il tetto deve essere rivisto al rialzo attraverso un accordo tra Congresso e Casa Bianca.
Cosa sarebbe successo se non si fosse raggiunto un agreement? Potevamo trovarci davanti a un default sul debito degli Stati Uniti. In poche parole, gli USA non avrebbero potuto pagare gli stipendi federali, le pensioni militari e tutti i creditori, ossia le persone che detengono i suoi titoli di debito.
I titoli del governo degli Stati Uniti sono considerati tra gli investimenti più sicuri al mondo, cosicché lo spauracchio del default ha riacceso non poche perplessità sul ruolo dei titoli di debito nei nostri portafogli. Un ruolo imprescindibile ma che, alla luce di quest’ultimo fatto e dell’andamento degli ultimi anni, forse va riportato alle giuste dimensioni.

Il ruolo di obbligazioni e titoli di stato: parliamone

Il 2022 è stato un anno straordinario per il mercato obbligazionario, ma non in senso positivo. L’indice Bloomberg U.S. Aggregate Bond - una proxy dell’ampio mercato obbligazionario statunitense - ha registrato una perdita del 13% nel 2022, che di per sé non sarebbe così rilevante. Ma visto che molti investitori detengono obbligazioni in quanto asset che dovrebbe rappresentare uno scudo nel momento in cui le azioni scendono, ecco, non è stato questo il caso.
Per la prima volta dal 1969, nel 2022 azionario e obbligazionario hanno subito perdite a due cifre nello stesso anno, come ci dimostra il confronto tra le perdite sofferte dagli investitori in fondi a rischio più contenuto – quindi più esposti all’obbligazionario – e quelle registrate da chi invece ha investito in fondi associati a un grado di rischio più elevato. Il grafico che segue ci fa vedere come, nell’ampio mercato dei fondi multi-asset, il settore a più basso rischio abbia subito perdite di circa il -10% su 12 mesi, un dato in linea con quello del settore a rischio più alto.

Perché le obbligazioni hanno fatto così male nel 2022? I prezzi delle obbligazioni e i tassi di interesse si muovono in direzioni opposte. E tutti sappiamo quello che stanno facendo le banche centrali in questi due anni: la Federal Reserve ha aumentato i tassi come mai aveva fatto negli ultimi 40 anni. Questo ha causato perdite massicce all’interno delle obbligazioni. Un asset generalmente sicuro, ma non necessariamente. Gli investimenti in obbligazioni sono influenzati infatti dai tassi d'interesse, dall’inflazione e dal rating del credito. E se anche per gli USA si è parlato del rischio di default, possiamo immaginare per gli altri Paesi con rating decisamente inferiori. Questo però non significa che non dobbiamo inserirle nei nostri portafogli: significa scegliere con cura e non dare per scontato che parliamo di asset sicuri al 100%.

Nessun asset è risk free

Molti di noi sono cresciuti nell’era della bassa inflazione, il che ha significato sostanzialmente che la correlazione media tra azioni e obbligazioni è stata per lo più negativa. Negli ultimi 20 anni, le obbligazioni hanno quindi rappresentato un efficace diversificatore per le azioni. La situazione però è cambiata lo scorso anno, quando l’inflazione globale ha superato il 10% e l’incertezza sul suo abbattimento è aumentata. Sono così tornate le correlazioni positive degli anni Settanta e le obbligazioni hanno perso il loro valore di diversificatore rispetto alle azioni. Un ruolo, quest’ultimo, che hanno da poco iniziato a riscoprire, in virtù del ritorno sulla scena della correlazione negativa tra azionario e bond.
Le azioni, dal canto loro, rappresentano ancora un’ottima copertura a lungo termine contro l’inflazione grazie al premio al rischio storicamente superiore al tasso d’inflazione. Per gran parte dell’ultimo decennio le azioni hanno superato in scioltezza le obbligazioni, che registravano tassi vicini allo 0% e pochi rendimenti aggiuntivi, i quali si potevano trovare unicamente nei settori più rischiosi del reddito fisso. Questo periodo è stato definito "TINA", ovvero "There Is No Alternative" (non c’è alternativa) al possesso di azioni quando i tassi sono bassi e il rendimento è scarso.
Sebbene oggi, con il ritorno di una più convincente remunerazione nel reddito fisso a breve scadenza e non solo, esistano alcune alternative concrete rispetto agli standard storici, il premio al rischio azionario odierno rimane piuttosto ragionevole anche rispetto alle obbligazioni indicizzate all’inflazione.
Morale della favola? Serve un bel bilanciamento tra bond, equity e altri strumenti scudo. Ecco perché la soluzione è sempre diversificare e basare la costruzione del proprio portafoglio su fondi ben diversificati e costruiti tramite analisi di mercato professionali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Cosa è successo ad Aprile sui mercati?

Il mese appena concluso si è caratterizzato per una riduzione dell’inflazione, ma anche per una continua fase di stabilizzazione dei mercati che ancora attendono dei segnali forti confortanti per riprendere la corsa.

Il settore bancario resta ancora il protagonista anche nel mese di aprile. In America la crisi della First Republic, che si aggiunge a quelle della Silicon Valley Bank e della Signature Bank, ha avuto riflessi sui mercati azionari: è stato così anche in Italia, dove i titoli bancari pesano molto sul paniere principale.

Forti i riflettori sulle decisioni delle banche centrali, mentre l’inflazione, che a marzo aveva segnato una robusta frenata in Europa, ad aprile ha cominciato a rialzare la testa. Anche se c’è un aspetto positivo: l’inflazione core, ossia al netto di beni energetici e alimentari, è rimasta stazionaria nel mese.

I principali fatti del mese

  • A seguito di un periodo di calma, negli Stati Uniti è riesplosa la bufera sul settore bancario. Dopo i casi Silicon Valley Bank e Signature Bank, infatti, nella parte finale del mese si è riacutizzata la crisi di First Republic, dopo che l’istituto ha annunciato di aver perso 100 miliardi di dollari di depositi nell’ultimo trimestre. La Federal Deposit Insurance Corporation, quindi, ha deciso di intervenire dopo aver cercato, invano, di trovare una soluzione tra privati. L’agenzia federale ha quindi posto in amministrazione controllata l’istituto e aggiudicato l’asta a Jp Morgan Chase, la più grande banca degli Stati Uniti. La vera domanda che si pongono i mercati, ora, è se quello di First Republic sarà l’ultimo salvataggio oppure se ne saranno necessari altri.

 

  • In Europa, nonostante le perdite in Borsa dei titoli bancari, sono arrivati segnali incoraggianti. Deutsche Bank, per esempio, ha chiuso il trimestre con conti molto robusti. Era un test molto importante, poiché la banca tedesca era stata bersagliata dalle vendite e considerata dal sistema bancario mondiale il prossimo anello debole dopo Credit Suisse.

 

  • Lato macro, negli Stati Uniti la crescita trimestrale è frenata al +1,1%, rallentando più delle previsioni degli analisti, che ora temono una recessione in avvicinamento. In Europa, i dati sul Pil sono stati nel complesso buoni: se da una parte un Paese importante come la Germania ha avuto una flessione dello 0,1%, l’Italia e la Spagna hanno registrato un +0,5% nel trimestre e pure la Francia ha riportato un dato positivo (+0,2%).

 

  • Inflazione in chiaroscuro: nell’Eurozona è tornata a salire al 7% (dal 6,9%). In Italia, il dato aggregato ha fatto segnare un +8,3%, ma la buona notizia è che l’inflazione core è rimasta stabile al +6,3%, senza salire ulteriormente. E in Usa? Meglio: le strette della Fed cominciano a funzionare, con il dato complessivo sceso al 5%, oltre le aspettative al 5,6%.

 

  • In Usa sono arrivati i conti trimestrali delle grandi banche (tutti molto positivi). Bene anche i conti di Meta e di Amazon, nonostante quest’ultima abbia registrato una frenata sul cloud.

 

  • Nel resto del mondo, la crescita cinese va forte e traina i titoli del lusso. Basti pensare che Lvmh è diventata la prima azienda europea a sforare il mezzo miliardo di capitalizzazione di mercato.

Conclusioni

Il mese che si apre offre ancora spunti sui conti trimestrali in Italia: Intesa Sanpaolo li pubblicherà il 5 maggio, UniCredit il 3 maggio. Buoni risultati rafforzerebbero ancora di più la visione di un sistema bancario solido.

Resta ancora l’inflazione il driver del prossimo futuro anche per comprendere la strada che dovranno ancora percorrere le banche centrali.

A distanza ormai di più di 15 mesi, per gli investitori di lungo periodo questo non può che essere un momento adatto per rivisitare la propria pianificazione cercando di comprendere possibili miglioramenti e occasioni per aumentare i rendimenti medi dei propri portafogli.

Per l’investitore prudente e con orizzonti temporale breve/medio se ha preso le giuste decisioni negli anni passati sembra sempre più vicino il ritorno ad una “normalità” o meglio confidenza con l’immaginario italiano di “investimenti a basso rischio” con il ritorno prepotente dei rendimenti sugli asset obbligazionari.


Cosa è successo a Marzo sui mercati?

Si chiude un mese all’insegna delle montagne russe. Crisi bancarie partite dagli Stati Uniti e poi approdate in Europa, il crollo di #CreditSuisse poi acquistato da #Ubs sono stati i driver.

Il timore che il contagio si potesse propagare ulteriormente ha inizialmente fatto scendere le Borse, in particolare i titoli bancari e finanziari. A ciò ha fatto però seguito un corposo recupero, in scia alle rassicurazioni delle principali autorità mondiali.

Lato opposto, a dare manforte alla ripresa una serie di buoni dati sull’inflazione, che hanno cominciato a far prezzare ai mercati il possibile raggiungimento del picco sui tassi d’interesse da parte della Federal Reserve e, a breve, della Banca centrale europea.

I principali fatti del mese

  • Come si accennava, le protagoniste assolute dell’ultimo mese sono state le banche. Tutto è partito dalla Silicon Valley Bank, la sedicesima banca degli Stati Uniti, che è crollata per aver cercato invano un aumento di capitale dopo aver subito una perdita di 1,8 miliardi di dollari. L’istituto, trovatosi in crisi di liquidità a seguito della stretta monetaria della Fed, si è visto costretto a dismettere una parte del suo portafoglio di bond a lunga scadenza, che a causa della crescita dei tassi avevano perso valore. Il 9 marzo l’istituto californiano ha perso il 62% in Borsa, con conseguente fuga dei depositi che ha reso necessario, il giorno successivo, un intervento delle autorità federali, le quali hanno nominato la Federal Deposit Insurance Corporation come curatore fallimentare. Il contagio si è poi propagato ad altre banche Usa, dalla Signature Bank (poi fallita) alla First Republic Bank, facendo temere per la tenuta delle banche regionali, al centro di una crisi di fiducia.
  • In un mondo iperconnesso, non ci è voluto molto affinché un altro grande istituto in salute precaria, la svizzera Credit Suisse, finisse in difficoltà. La Saudi National Bank, primo azionista con il 9,9%, ha dichiarato con il suo presidente che non avrebbe partecipato a un nuovo aumento di capitale, facendo deflagrare la crisi. A tal punto che il 19 marzo, in un salvataggio concertato dalla Banca nazionale svizzera, Ubs è arrivata ad acquisire la banca rivale per 3 miliardi di franchi.
  • Ha fatto discutere, nel salvataggio della banca elvetica, la scelta di sovvertire i criteri di assorbimento del capitale. L’aver azzerato prima una particolare categoria di bond, gli AT1, ha spaventato i mercati, innescando una nuova pioggia di vendite. A pagarne le conseguenze è stata un’altra grande banca europea, Deutsche Bank, che è arrivata a perdere in Borsa fino all’11,6%. I timori sono poi rientrati, con le rassicurazioni delle autorità europee sul rispetto delle regole del bail-in (che prevedono prima l’azzeramento degli azionisti, poi quello degli obbligazionisti) e sulla solidità di Deutsche Bank e del sistema nel suo complesso.
  • Tra le buone notizie c’è la discesa dell’inflazione, che a marzo è calata sensibilmente in Germania, Spagna e Italia. In particolare, nel nostro Paese, l’inflazione annua è scesa al 7,7%, rispetto al 9,1%, trascinata principalmente dal ribasso dei prodotti energetici.

Conclusioni

Continua la guerra di nervi tra i mercati e gli investitori, quindi sarà fondamentale aver ben salde le proprie convinzioni sul “perché” state investendo.

Da tenere sotto la lente per questo mese i dati sull’inflazione e le prossime mosse di politica monetaria. Gli analisti scommettono ora su un rallentamento dei rialzi, ma per scoprirlo bisognerà attendere le riunioni in programma a maggio, per le quali saranno fondamentali i dati sui prezzi di aprile e i primi risultati sul Pil del 2023.

Lato Cina il conseguente ritocco verso l’alto delle stime economiche potrebbe portare qualche rialzo sui prezzi del petrolio, mentre in Europa il focus sarà sull’inizio della stagione di riempimento degli stoccaggi, che tuttavia non dovrebbe serbare particolari sorprese.

Ultimo, ma non certo per importanza, il conflitto russo-ucraino, in caso di svolte (positive come negative) potrebbero esserci ripercussioni sui corsi azionari. Al momento, si attende una possibile controffensiva dell’Ucraina a primavera o comunque prima dell’estate.

Nonostante i fatti di quest’ultimo mese, che ci sono ed è normale ci siano come sempre, i mercati continuano la marcia verso la ricerca di un equilibrio macinando performance positive da inizio anno.


Consulenza Finanziaria Awards 2023

Citywire Italia, anche quest'anno e per la seconda volta, ha voluto premiare le eccellenze dell'advisory con i Consulenza Finanziaria Awards. I premi, assegnati a marzo di quest'anno, hanno voluto individuare in maniera trasparente le società più apprezzate dell'anno attraverso il giudizio di una giuria indipendente. I singoli consulenti finanziari, invece, sono stati votati direttamente dalla comunità dei nostri lettori sulla pagina dedicata, parte del sito Citywire.it.

Le categorie dedicate alle eccellenze individuali sono 12. Abbiamo iniziato con il migliore consulente abilitato all'offerta fuori sede e con il miglior consulente autonomo. C'è poi il miglior professionista con oltre dieci anni di esperienza. C'è anche un riconoscimento per i professionisti più giovani, al di sotto dei 40 anni. A seguire, i premi a livello regionale: in questo caso, abbiamo voluto dedicare spazio alle principali regioni d'Italia dove l'advisory la fa da padrone, senza dimenticare una suddivisione tra Nord, Sud e Centro per dare l'opportunità a tutti i professionisti di candidarsi e vincere. Ecco, dunque, che abbiamo pensato a riconoscimenti specifici per i cf lombardi, del Lazio, del Veneto, della Toscana, del Veneto e dell'Emilia-Romagna.

Visita su Citywire

Nella categoria Miglior Consulente Finanziario del centro Italia, con molta soddisfazione sono stato premiato per il lavoro ed i risultati ottenuti in un anno complesso come il 2022.

La premiazione

 

Per aspera ad astra

Prima di investire in azionario devi essere pronto a farlo

Ci troviamo di fronte alla più grande guerra di nervi tra mercato ed investitore degli ultimi 20 anni. L'ultimo nuovo massimo storico per S&P 500 è stato il 3 gennaio 2022. Sono passati 450 giorni, più di un anno dal picco del mercato americano, ma anche similmente degli altri mercati principali globali.

Può sembrare un’eternità ma numeri alla mano non è proprio così.

Esaminando ogni mercato ribassista a partire dal 1950 i dati dicono che:

Includendo l'attuale mercato ribassista:

  • il drawdown medio dal picco al minimo è una perdita di poco inferiore al 35%;
  • il numero medio di giorni per passare dal picco al minimo è 381, quindi poco più di un anno;
  • il numero medio di giorni per passare dal picco precedente ai nuovi massimi storici è di 1.166 giorni o più di 3 anni.

Il premio al rimbalzo più veloce da un picco all'altro è stato il crollo del Covid nel marzo 2020. Sono bastati “solo” 6 mesi per i nuovi massimi. Prima di questo, il periodo di tempo più breve per vedere di nuovo nuovi massimi era di 436 giorni ed è successo nel 1950.

Quindi può volerci del tempo per riprendersi completamente da un mercato ribassista.

Non so quanto tempo ci vorrà stavolta, ma non è insolito che il mercato azionario ti faccia sentire malissimo regolarmente. Funziona così il mercato azionario, ed è bene saperlo prima di investire i nostri risparmi per non incorrere in errori comportamentali e bias cognitivi.

Sono due le armi di cui devono munirsi gli investitori per uscirne vincitori, anche in questa ultima battaglia.

Un buon piano patrimoniale, personalizzato che ti permetta di sentirti SOLIDO ogni giorno della tua vita, ORGANIZZATO e CERTO che stai prendendo oggi la migliore decisione per il tuo domani.

Un buon bagaglio di nozioni che tengano a bada le emozioni nei momenti di stress.

A riguardo, uno dei miei grafici preferiti del mercato azionario a lungo termine mostra il tasso di successo storico su vari orizzonti temporali:

Storicamente più lungo è il tuo orizzonte temporale, maggiori sono le tue possibilità di vedere rendimenti positivi.

Su base giornaliera, il tasso di successo storico è solo del 55% circa, il che significa che il 45% di tutti i giorni di negoziazione sono stati perdite. E solo il 5% di tutti i giorni di negoziazione si è chiuso a nuovi massimi storici.

Ricorda: Negli investimenti mettiti sempre dalla parte giusta delle probabilità.

Fondamentalmente, più spesso guardi i tuoi investimenti nel mercato azionario, peggio ti sentirai dal momento che passiamo così tanto tempo in uno stato di ribasso.

Il famoso, Richard Thaler, ha anche dato un nome a questa perversa mania dell’investitore, ossia, miope avversione alla perdita.

L'avversione alla perdita è l'idea che le perdite facciano male il doppio dei guadagni che ci fanno sentire bene. E la miopia è l'idea che più frequentemente guardi il tuo portafoglio, più è probabile che tu provi la puntura dell'avversione alla perdita.

Più guardi, peggio ti sentirai riguardo alla tua performance.

Meno guardi, più spesso vedrai guadagni nel tempo.

Inoltre, non è che prestare maggiore attenzione al tuo portafoglio garantirà risultati migliori. Per la maggior parte degli investitori, prestare maggiore attenzione può portare a più errori perché quella miope avversione alla perdita ti tenta ad apportare più modifiche al tuo portafoglio, il che può portare a più errori dalle tue emozioni.

Certo, al giorno d'oggi non è facile ignorare i propri investimenti o il mercato azionario. Le informazioni sono ovunque ed anche consultare i propri portafogli è diventato a portata di click. Forse un po' troppo, quindi tieni a mente questi insegnamenti ed il mercato ti premierà.


Il capitale “protetto” dal tempo

Sin dagli studi di filosofia e fisica delle superiori sono rimasto affascinato dal concetto di tempo e del suo legame con la nostra vita.

Il tempo è gratis ma è senza prezzo.
Non puoi possederlo ma puoi usarlo.
Non puoi conservarlo ma puoi spenderlo.
Una volta che l’hai perso non puoi più averlo indietro.

L’autore è Harvey Mackay  un uomo d'affari americano, autore e editorialista sindacato di Universal Uclick. La sua rubrica settimanale fornisce consigli sulla carriera e ispirazione ed è presente in oltre 100 giornali. Mackay è autore di sette libri bestseller del New York Times, inclusi tre bestseller numero uno.

Nel suo pensiero, ci sono molto insegnamenti validi anche nel mondo degli investimenti. Infatti nell’equazione del successo finanziario la variabile TEMPO è sempre la principale.

Negli ultimi giorni siamo stati tempestati da notizie sulla guerra tra Russia ed Ucraina e su crac bancari spesso super inflazionati e che hanno riportato alla mente il 2008.

Funziona così il mercato, e continuerà a farlo anche nel futuro quindi meglio imparare a dare il giusto peso agli eventi in base al tempo del nostro piano.

Questo è uno dei grafici di borsa a lungo termine preso da Ritholtz Wealth Management LLC, che spiega tantissimo sul mondo in cui vivranno i tuoi progetti finanziari.

E’ evidente la natura casuale del mercato azionario e di quanto possa essere irregolare la tua esperienza come investitore in azioni.

Ecco a seconda variabile che dovrai farti amica per vincere negli investimenti: la volatilità.

Se desideri ottenere rendimenti a lungo termine, non puoi sbarazzarti degli alti e bassi del mercato a breve termine. Questo è il compromesso che fanno e facciamo tutti quando decidiamo di beneficiare del mercato per ottenere “più soldi”.

Ci sono solo 2 modi per rendere complementare la variabilità del mercato alla nostra emotività da investitore:

  • Potresti detenere più liquidità o obbligazioni per smorzare la volatilità del tuo portafoglio complessivo;
  • Estendere il tuo orizzonte temporale.

Ora cerchiamo di spiegare il titolo dell’articolo con alcuni dati esaminando la gamma di risultati su intervalli di tempo più lunghi.

Ecco i rendimenti annuali migliori e peggiori per lo S&P 500 su periodi di 1, 3, 5, 7, 10, 15, 20 e 30 anni  dal 1926 al 2022:

Ci sono evidenze clamorose che risaltano qui:

La gamma di risultati si restringe man mano che vai avanti.

Più è lungo l’orizzonte temporale più sparisce la parola “worst”,  peggiore, dalle possibilità di rendimenti.

Hai presente quando il tuo consulente, se lo hai, di lungo periodo? Bè non è una frase fatta ma ha prove statistiche che lo fanno essere un mantra negli investimenti con elevata percentuale di azionario.

Infatti puoi rimanere schiacciato dal caso per un periodo di 1-5 anni. È possibile ma altamente improbabile che accada se resisti per 20-30 anni.

Puoi ancora avere scarsi risultati a lungo termine, ma non nulla di simile al tipo di mercati negativi che vedrai a breve termine.

ATTENZIONE: Non ti viene garantito nulla estendendo il tuo orizzonte temporale. Ma i numeri storici mostrano che il rischio della coda sinistra di essere annientato si allontana lentamente man mano che gli anni si sommano. Il tempo aumenta le tue probabilità di vincente sul mercato.

Le probabilità storiche favoriscono l'investitore a lungo termine.

Oltre il 75% dei periodi di 20 anni ha registrato rendimenti annuali dell'8% o superiori. Quasi il 96% dei periodi di 30 anni ha avuto rendimenti annuali del 9% o più.

In 30 anni si tratta di un rendimento totale di oltre il 1.300%. Il peggior rendimento di 30 anni è stato di oltre l'800%!

Il profilo di rendimento a lungo termine del mercato azionario ha più che compensato le sue carenze occasionali a breve termine.

Vedremo una ripetizione di questi risultati in futuro?

Non lo so.

Ma non vedo che la relazione tra l'esperienza di lungo periodo e quella di breve termine dell'investimento nel mercato azionario cambierà presto.

La pazienza sarà comunque premiata. Gli investitori a lungo termine avranno sempre una maggiore probabilità di successo rispetto agli investitori a breve termine.

La variazione dei rendimenti sarà sempre maggiore nel corso di giorni e mesi che di anni e decenni.

Investire a lungo termine non sarà mai facile, ma rimarrà la soluzione migliore per la stragrande maggioranza degli investitori per ottenere solidi rendimenti nel mercato azionario.


consulente finanziario

Consulenza Finanziaria Awards 2023 Citywire Italia

Una settimana fà,in occasione dei Consulenza Finanziaria Awards 2023 di Citywire Italia con molto orgoglio e piacere ho ottenuto il premio come “Miglior consulente del centro Italia”.

Ringrazio Fineco Bank, per avermi supportato nella crescita professionale grazie al #progettogiovani.

Un successo da condividere con chi ha creduto in me sin dall'inizio di questa meravigliosa avventura.

Ringrazio il mio Area Manager Giovanni Pacifici ed il Group Manager Fabrizio Adriani per essere stati sempre presenti, di supporto ed ispirazione nelle sfide quotidiane che regala questa splendida professione.

#MGFinancialAdvisor


consulente finanziario

Lettera agli investitori di fine anno

Siamo ai titoli di coda per il 2022 ed in vista di un nuovo anno con la fiducia che sia migliore di quello appena concluso.

I principali mercati azionari del pianeta hanno avuto tutti ribassi a doppia cifra. Mentre la montagna di debito con tassi negativi o prossimi allo zero, frutto di un decennio di politica monetaria super accomodante, ha visto crollare le sue quotazioni su una politica di rialzi delle banche centrali che non solo è stata violenta, ma certe volte anche nebulosa negli obiettivi finali.

Inflazione ritornata prepotentemente, celeri restrizioni di politica monetaria, crisi energetica subentrata in seguito alla guerra russa in Ucraina.  Questi i principali fattori, già di per sé sufficienti per innescare un trend ribassista, sono riusciti ad dar vita alla “tempesta perfetta” per ogni portafoglio riuscendo a mettere ko, insieme, il mercato azionario e quello obbligazionario.

Il grafico della distribuzione dei rendimenti è un mantra che utilizzo con ogni investitore da anni perché con le dovute riflessioni permette a chiunque di crearsi una idea personale razionale sugli investimenti che andremo a fare. Ogni mattoncino rappresenta i rendimenti dei Treasury a 10 anni (a sinistra) e S&P 500 (a destra) degli ultimi 100 anni. E’ evidente come siano di gran lunga superiori i mattoncini con rendimenti positivi, ma al contempo anche che possono esserci anni negativi e che l’obiettivo di un investitore, quindi, deve essere quello di andare alla ricerca del miglior rendimento medio nel medio-lungo termine. Il 2022 si piazza come il peggior anno in assoluto per le obbligazioni e tra i peggiori per le azioni. Un anno che ha visto perfino cadere uno dei lazy portafoglio storici ossia il 60/40.

La statistica però ci fa ben sperare, visto che generalmente ai peggior anni poi seguono delle ottime annate. ATTENZIONE: solo alla fine del 2023 vedremo dove cadrà in nuovo mattoncino.

I fatti salienti dell’anno 2022

Ogni mese c’è stata una brutta notizia (alibì finanziario) per trovare un perché del ribasso ma vediamo i principali:

  1. L’evento indiscutibilmente più rilevante del 2022 è stato l’inizio della guerra in Ucraina: il 24 febbraio l’esercito russo ha varcato il confine e riportato un conflitto sul suolo europeo dopo decenni.
    Il mondo occidentale, con Stati Uniti e Ue in testa, ha comminato crescenti sanzioni economiche alla Russia, compreso un embargo e un price cap al suo petrolio a 60 dollari. In risposta, Putin ha tagliato in maniera importante le forniture di gas all’Europa, causando un’impennata spaventosa dei prezzi sul mercato Ttf di Amsterdam che ha costretto i governi europei a spendere massicciamente per proteggere le economie da bollette energetiche fuori controllo.
    In questo caso, l’approdo finale è stato un accordo su un price cap che entrerà in vigore a febbraio: la novità, arrivata a fine anno, ha contribuito, insieme all’entità considerevole degli stoccaggi in Europa, complici le temperature miti, ad abbassare i prezzi.
  • Nel frattempo, negli ultimi mesi dell’anno in Cina sono scoppiate violente proteste contro la politica zero Covid del presidente Xi Jinping, confermato nel 2022 alla leadership del Partito Comunista cinese. Il governo ha quindi deciso di allentare le restrizioni per placare la popolazione, facendo riprendere quota al prezzo del petrolio che si era fortemente contratto nella parte finale dell’anno sui timori di una recessione globale.
  • Grandi protagoniste le banche centrali, a partire dalle due più significative: la Federal Reserve e la Banca centrale europea. In Usa il banchiere centrale Jerome Powell, con l’inizio del 2022, e dopo aver considerato l’inflazione un fenomeno transitorio, ha repentinamente modificato la direzione della sua politica.
    Meeting dopo meeting, la Fed ha messo a segno diversi rialzi significativi, portando il costo del denaro tra il 4,25 e il 4,50% (e non ha ancora finito). Questo ha pesato sui listini azionari, che hanno continuato a ripiegare in preda alle ansie per le ripercussioni (recessione in vista?) di questa linea così aggressiva sull’economia, e ha portato il dollaro a un clamoroso sorpasso sull’euro.
    Scenario simile in Europa, con la banchiera centrale Christine Lagarde che ha messo insieme diversi rialzi dei tassi, portando quello principale al 2,5% e annunciando, da marzo, un restringimento del bilancio della Bce da 15 miliardi al mese. Una politica che ha portato i rendimenti dei titoli di Stato a crescere vertiginosamente, cosa che costituisce un rischio per la tenuta del debito sovrano.

Imparare dal 2022 per affrontare al meglio i prossimi anni

Il 2022 è stato un anno complesso e sicuramente sfidante per i nervi di ognuno. In particolare per tutti i neo investitori che di fatti hanno fatto i conti con uno degli anni peggiori di sempre.

Nell’anno andato:

  • ci siamo ritrovati alle prese con un mix senza precedenti di rischi geopolitici;
  • l’inflazione è tornata a livelli che non si vedevano da decenni;
  • il deterioramento del quadro macroeconomico è stato pronunciato;
  • la politica monetaria, da una quindicina d’anni sempre pronta a intervenire, si è convertita a una linea prevalentemente restrittiva proprio per fronteggiare l’inflazione, determinando un importante aumento delle probabilità di recessione in varie aree del globo, seppure con differenze tra Usa, Cina ed Europa.

Anni come il 2022 però rappresentano un vero test per capire la differenza tra propensione e percezione del rischio per ogni investitore. Tradotto, un conto è leggere -20% su un prospetto un altro è viverlo sulla propria pelle.

Facendo una ultima considerazione tecnica la recessione è almeno in parte già scontata dal mercato oltre al fatto che si è concretizzato un importante “repricing” di molte asset class, che hanno potuto così spurgare anni e anni di mercato “toro” e di politiche monetarie storicamente anormali e di tassi d’interesse bassissimi.

Dopo un anno “sfidante”, ci troviamo ora con rendimenti obbligazionari nuovamente appetibili e indicatori fondamentali azionari sui livelli decisamente bassi, che non molti investitori considerano altrettanto appetibili.

Ciò detto, probabilmente nei primi mesi del 2023 dovremo ancora fare i conti con la coda dei vari shock economico-finanziari dell’anno concluso, ma è in situazioni così che si costruiscono i migliori rendimenti. Nel 2023 sarà fondamentale avere il giusto focus cercando di capitalizzare al meglio le opportunità di oggi per i propri piani finanziari futuri.

Ricorda sempre questo MANIFESTO.

È qualcosa su cui puoi riflettere se ti sei mai sentito bloccato nella tua vita di investimento.

Se ci credi, lo segui e lo difendi, la tua vita da investitore sarà buona.


consulente finanziario

Cosa è successo a novembre sui mercati?

Prosegue la positività di ottobre anche per questo mese sulle Borse mondiali. A sostenere il rialzo sono stati i primi dati positivi sull’inflazione che sembra aver lasciato alle spalle il picco in America e rallenta in Europa.

Tutto fa sperare ai mercati in una Fed meno aggressiva con i rialzi dei tassi di interesse.

Resta ancora, però, incertezza sul conflitto in Ucraina che non sembra essere vicino a una risoluzione e i prezzi dell’energia, nonostante la vistosa discesa osservata a ottobre, hanno ripreso a salire. Continua la discesa dei prezzi del petrolio, di fronte ai timori per un rallentamento economico a livello globale e alla prosecuzione della politica zero Covid in Cina, malgrado l’insofferenza ormai conclamata della popolazione.

Sui mercati è andata bene pressoché ovunque, a partire dall’Europa e dagli Stati Uniti. Più di tutti, però, si è evidenziata la grande rimonta dell’azionario cinese, che aveva vissuto momenti particolarmente grigi nel corso dell’anno. 

I principali fatti del mese

  • All’inizio dello scorso mese c’è stato l’atteso meeting della Federal Reserve, la banca centrale Usa, che ha decretato il quarto rialzo dei tassi d’interesse consecutivo da 0,75%, portando il costo del denaro nella forchetta fra il 3,75% e il 4%.
    Dai verbali della Fed, usciti verso fine mese, emerge però una maggioranza del board orientata verso un rallentamento del ritmo nel rialzo dei tassi, che nella riunione di dicembre dovrebbe essere di mezzo punto. A dare manforte a questo orientamento sono arrivati i buoni dati sul fronte del carovita: a ottobre, infatti, il dato sui prezzi al consumo è risultato al 7,7% su base annua, meno delle attese che avevano posizionato l’asticella al 7,9%.
  • Sembrano andare meglio anche i dati in Europa. Nell’Eurozona il dato sull’inflazione si è attestato per il mese di novembre al +10% su base annua, dal +10,6% di ottobre. In Italia il dato è stato stabile al +11,8%, una novità se si pensa che la corsa dei prezzi continuava ad accelerare ormai da molti mesi consecutivi. Anche questo, secondo gli analisti, dovrebbe essere un buon viatico verso una marcia più mite della Bce sul fronte dei tassi d’interesse.
  • Sempre a novembre si è tenuta la Cop27 a Sharm El-Sheikh, che per molti osservatori ha portato a pochi impegni concreti da parte delle potenze mondiali nella lotta al cambiamento climatico. In ogni caso, il risultato più tangibile è l’accordo sulla creazione di un fondo per compensare le drammatiche conseguenze degli eventi estremi nei Paesi più vulnerabili del mondo.
    È stato anche il mese del G20 di Bali, evento che può annoverare il ripristino del dialogo tra Stati Uniti e Cina come tra i risultati più degni di nota.
  • In Cina, nel frattempo, è in atto un’ondata di proteste contro le restrizioni della politica zero Covid del governo di Pechino. Se da una parte il governo ha risposto allentando leggermente le restrizioni, dall’altra sta reprimendo il dissenso per riportare l’ordine.

Conclusioni

Sono stati 12 i mesi di ribasso, storicamente tra i più lunghi di sempre. Indubbiamente la prima e vera prova di tempra per gli investitori degli ultimi 10 anni. Mercati così portano una “naturale” selezione tra investitori occasionali e consapevoli. Anni di rialzi hanno portato snaturamenti e overconfidence sia tra che investe e chi fa investire, eccessi che nel 2022 si pagano cari.

Per chi invece è arrivato all’ultimo mese dell’anno ancora convinto e sicuro del proprio piano finanziario si aprono portoni di opportunità.

In questo grafico la differenza tra lo yield del 2021 ed oggi nelle principali asset class. Queste sono le occasioni che capitano poche volte in un percorso di investimento, i momenti in cui realmente si deve fare gestione attiva sui propri comportamenti e piani. Ricordo ancora nel 2021 tutti parlavano di mercati troppo alti, tanti leoni affermare “aspetto un ribasso per entrare” ma quanti realmente lo hanno fatto?

Prova a chiederlo a chi ti è vicino o sai investe e la risposta sarà POCHI o NESSUNO.

In questi momenti devi essere bravo nel guardare i tuoi denari con distacco, consapevole che non sai e nessuno sa se realmente siamo sui minimi, sforzandoti a ragionare in maniera cruda sui dati.

Oggi investire nell’obbligazionario porta rendimenti doppi o tripli rispetto a 12 mesi fa, mediare sull’azionario rappresenta per dividendi e prezzi un occasione unica per migliorare il rendimento medio del tuo portafoglio.


consulente finanziario

Quali sono i migliori fondi pensione?

Tutti gli investitori conosco il fondo pensione come strumento di finanza personale, ma non tutti sanno che quasi ogni nazione ha il proprio fondo pensione con cui gestisce capitali finalizzati al welfare dei propri cittadini. Risultati e gestioni sono spesso pubblici, da questi si possono prendere spunti e lezioni su come vanno gestiti i propri risparmi.

Vediamo una breve presentazione presa da VisualCapitalist e tiriamo insieme alcune considerazioni.

Nonostante l'incertezza economica, i fondi pensione hanno registrato una crescita relativamente forte nel 2021. I 100 maggiori fondi pensione del mondo valgono in totale oltre 17 trilioni di dollari, con un aumento dell'8,5% rispetto all'anno precedente.

Questo grafico utilizza i dati del Thinking Ahead Institute per classificare i più grandi fondi pensione del mondo e dove si trovano.

Cos'è un Fondo Pensione?

Un fondo pensione è un fondo progettato per fornire reddito pensionistico. Questa classifica copre quattro diversi tipi:

  • Fondi sovrani: Fondi controllati direttamente dallo Stato. Questa classifica include solo i fondi sovrani istituiti dalle autorità nazionali.
  • Fondi del settore pubblico: fondi che coprono i lavoratori del settore pubblico, come impiegati statali e insegnanti, in piani sponsorizzati dallo stato o provinciali.
  • Fondi privati ​​indipendenti: fondi controllati da organizzazioni del settore privato autorizzate a gestire piani pensionistici di diversi datori di lavoro.
  • Fondi aziendali: fondi che coprono i lavoratori nei piani pensionistici sponsorizzati dall'azienda.

Tra i fondi più grandi, i fondi del settore pubblico sono i più comuni.

I più grandi fondi pensione, classificati

Ecco i primi 10 fondi pensione:

Rango Finanziare Mercato Totale attivo
1 Fondo di investimento per pensioni governative  Giappone $ 1,7 trilioni
2 Fondo pensione statale  Norvegia $ 1,4 trilioni
3 Pensione Nazionale  Corea del Sud $ 798,0 miliardi
4 Risparmio pensionistico federale  NOI $ 774,2 miliardi
5 ABP  Olanda $ 630,4 miliardi
6 Dipendenti pubblici della California  NOI $ 496,8 miliardi
7 Pensione canadese  Canada 426,7 miliardi di dollari
8 Sicurezza sociale nazionale  Cina $ 406,8 miliardi
9 Fondo di previdenza centrale  Singapore $ 375,0 miliardi
10 PFZW  Olanda $ 315,5 miliardi

Il fondo giapponese per gli investimenti pensionistici (GPIF) è il più grande in classifica per il 21° anno consecutivo. Per un certo periodo, il fondo è stato il più grande detentore di azioni nazionali in Giappone, anche se da allora la Banca del Giappone ha assunto quel titolo . Date le sue enormi dimensioni, gli investitori seguono da vicino le azioni del GPIF. Ad esempio, il fondo ha fatto notizia per aver deciso di iniziare a investire in startup, perché la mossa potrebbe invogliare altre pensioni a fare investimenti simili.

L'America ospita 47 fondi nell'elenco, incluso il più grande fondo del settore pubblico: il Thrift Savings Plan (TSP), supervisionato dal Federal Retirement Thrift Investment Board . A causa della sua grande influenza finanziaria, entrambi i partiti politici sono stati accusati di usarlo come strumento politico . I democratici hanno spinto a cedere asset nelle società di combustibili fossili, mentre i repubblicani hanno proposto di bloccare gli investimenti nelle società di proprietà cinese.

Il National Wealth Fund della Russia arriva al numero 19 della lista. Il fondo è progettato per sostenere il sistema pensionistico pubblico e aiutare a bilanciare il bilancio secondo necessità. Con l'economia russa in difficoltà a causa del conflitto Russia-Ucraina, il governo l'ha utilizzato anche come fondo per i giorni di pioggia. Ad esempio, la Russia ha stanziato 23 miliardi di dollari dal fondo per sostituire gli aerei stranieri con modelli nazionali, perché le sanzioni occidentali hanno reso difficile reperire parti di ricambio per aerei stranieri.

Il futuro dei fondi pensione

I maggiori fondi pensione possono avere una grande influenza sul mercato a causa delle loro dimensioni. Naturalmente, sono anche responsabili della fornitura di reddito pensionistico a milioni di persone. I fondi pensione devono affrontare una serie di sfide per raggiungere i propri obiettivi:

  • Il conflitto geopolitico crea volatilità e incertezza
  • L'elevata inflazione ei bassi tassi di interesse (rispetto alle medie a lungo termine) limitano il potenziale di rendimento
  • L'invecchiamento della popolazione significa più prelievi e meno contributi ai fondi

Alcuni fondi pensione si stanno rivolgendo ad attività alternative, come il private equity, alla ricerca di una maggiore diversificazione e rendimenti più elevati. Naturalmente, questi investimenti possono anche comportare maggiori rischi.

L'Ontario Teachers' Pension Plan, numero 18 della lista, ha investito 95 milioni di dollari nell'exchange di criptovalute #FTX, ora in bancarotta. Il piano ha effettuato l'investimento attraverso la sua piattaforma di crescita del rischio, per "ottenere un'esposizione su piccola scala a un'area emergente nel settore della tecnologia finanziaria".

In questo caso, si prevede che il fallimento dell'investimento abbia un impatto minimo in quanto rappresenta solo lo 0,05% del patrimonio netto del piano. Tuttavia, evidenzia le sfide che i fondi pensione devono affrontare per generare rendimenti sufficienti in una varietà di ambienti macroeconomici.

Conclusioni

Se cercate la gestione INPS non la troverete mai, semplicemente perchè non ha nulla a che vedere con questi fondi pensione ma come scrivo da anni è un mega schema Ponzi basato sulle nascite e nuovi lavoratori (l'Italia ha primati da anni sia per denatalità e disoccupazione quindi traete le vostre considerazioni).

I primi 3 fondi nel primo trimestre del 2022 accusavano tutti perdite tra il 13 e 15% e probabilmente la situazione non è migliorata, ma nonostante il ribasso hanno mantenuto le proprie strategie SENZA VENDERE TUTTO.

Tutti hanno degli ottimi gradi di diversificazione, che resta la miglior tutela contro il rischio specifico. L'esempio eclatante è la ricerca di nuove asset per cercare rendimenti, come private equity o crypto ma con pesi che nella peggiore delle ipotesi creano minime ripercussioni alla gestione.

Sicuramente nessun investitore può applicare le tecniche usate dai gestori, ma utilizzare certezze come diversificazione, decorrelazione e qualità deve essere cardine in ogni investimento meglio ancora se supportate dalla logica "del buon padre di famiglia".