Escluse poche eccezioni, i mercati azionari hanno vissuto un mese di ottobre negativo. A pesare più di tutto sono state le tensioni geopolitiche, con il conflitto scoppiato in Israele aggiuntosi a quello ormai ben noto in Ucraina.

L’incertezza e la paura di un’escalation delle operazioni militari hanno pesato sulle quotazioni di gas e petrolio, gettando un’ombra sulla tenuta del sentiero discendente dell’inflazione.

Infatti, se il caro dei prezzi dovesse rialzare la testa allora potrebbe essere la fine della tregua sui tassi delle banche centrali e questo, inevitabilmente, andrebbe a pesare sui principali listini mondiali.

I fatti salienti del mese di ottobre

  • Il mese di ottobre si è aperto con gli attacchi terroristici di Hamas in Israele, un fatto senza precedenti almeno nella storia più recente che ha portato a un nuovo conflitto sullo scacchiere mondiale. Un possibile ampliamento del conflitto, infatti, potrebbe determinare nuove tensioni sulla filiera di gas e petrolio, andando ad alimentare un aumento dei prezzi delle materie prime nocivo per l’inflazione e quindi anche per tutte le economie mondiali.
  • Nel frattempo, però, i dati sui rincari hanno preso una piega più rassicurante: nell’area euro, almeno, l’indice generale dell’inflazione è crollato a ottobre al 2,9% dal 4,3% del mese precedente. Il risultato è stato ancor più incoraggiante in Italia, con il dato precipitato all’1,9% e sotto la soglia del 2% considerata dalla Banca centrale europea come l’obiettivo da raggiungere della sua politica monetaria.
  • Segnali non buoni, invece, sul fronte della crescita del Pil: in calo dello 0,1% nel terzo trimestre per l’Eurozona, mentre per l’Italia si registra un trimestre di stagnazione. Tutto questo mentre, qualche giorno prima, Francoforte aveva lasciato invariati i tassi d’interesse per la prima volta dopo dieci rialzi consecutivi.
  • E in America? Qui la situazione vede un’economia molto forte, con un Pil che cresce anche più delle attese: +4,9% nel terzo trimestre, il livello più elevato dal 2021. Quanto all’inflazione, il dato è rimasto stabile al 3,7% a settembre, un livello ancora elevato che tuttavia non ha impedito alla Federal Reserve di non toccare il costo del denaro pur non escludendo nuovi rialzi futuri.
  • Nel mese sono state inoltre pubblicate diverse trimestrali con dati positivi per big americani come Jp Morgan – nel settore finanziario – e Amazon (con ricavi in crescita del 13%) nel settore tecnologico. Anche McDonald’s ha battuto le attese grazie ai recenti rialzi dei prezzi.
  • Intanto in Cina la crisi immobiliare continua a mordere. Country Garden, uno dei maggiori sviluppatori immobiliare del Paese, ha dichiarato il default sulle sue obbligazioni in dollari. Il timore, quindi, è che la situazione non sia per niente domata e il rischio di contagi è concreto. Tuttavia, nel terzo trimestre l’economia di Pechino è andata meglio delle attese, con un Pil cresciuto del 4,9% su base annua (gli analisti puntavano su un +4,4%).
  • Infine, rivolgendo lo sguardo alle vicende locali, l’Italia ha varato lo schema generale della sua manovra di bilancio portando il deficit di bilancio al 4,3% rispetto al 3,7% precedentemente previsto, il che ha fruttato una dote di 15,7 miliardi per finanziare le principali misure che vanno dal taglio del cuneo fiscale all’accorpamento delle aliquote Irpef fino a un pacchetto per sostenere la natalità nel Paese.
  • Essendo l’Italia altamente indebitata, il focus era sul giudizio delle agenzie di rating: S&P e Dbrs, due delle quattro più importanti al mondo, hanno mantenuto il loro giudizio sul debito tricolore a BBB con outlook stabile. Una buona notizia, in attesa di conoscere il responso di Fitch e Moody’s in calendario per il mese di novembre.

Conclusioni

Inevitabile che gli occhi saranno rivolti alle evoluzioni dei due grandi conflitti in atto: quello isrealo-palestinese da una parte e quello russo-ucraino dall’altra.

Ovviamente osservati speciali i dati sull’inflazione: si confermerà il dato positivo, per quanto riguarda l’Europa, anche nei mesi successivi? Da vedere poi cosa accadrà a Washington, con un carovita che sembra essere a livelli più bassi rispetto ai periodi peggiori ma comunque resiliente.

Infine, occhio in Italia alle revisioni del rating sul debito sovrano di Moody’s (17 novembre) e Fitch (il 10). In particolare, se la prima dovesse declassare l’Italia le farebbe perdere l’investment grade, facendola precipitare tra i debitori meno solvibili. E questo avrebbe ovviamente pesanti ripercussioni su tutta l’area euro e sui rendimenti dei bond sovrani di Roma.